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Il mio coro dell'Expo


L'Inno di Michele Novaro sul testo di Goffredo Mameli mi ha sempre attratto più per la parte musicale che per i versi. La melodia talvolta sembra perdere riferimenti precisi al testo. Un buon melodista che conosca le basi della prosodìa, sa come scandire con il ritmo musicale l'articolazione delle parole affinché queste mantengano in primis gli accenti corretti poi le "doppie" ed infine, ma non per importanza, consentano la corretta comprensione del testo per trasmettere ed amplificare il senso della poesia che sta alla base della composizione.

Gli operisti italiani di tutti i tempi hanno fatto scuola nel mondo per l'efficacia, l'eleganza ed il livello tecnico con cui sono sempre riusciti ad integrare i versi dei loro librettisti nelle semplici o complesse architetture musicali delle loro stupefacenti composizioni operistiche.

Al punto che "il bel canto" italiano conosciuto nel mondo, deve probabilmente tutto a questa maniacale attenzione verso la combinazione formidabile tra il suono delle sillabe appartenenti alla lingua italiana e la voce umana.

Nell'Inno italiano alcuni accenti musicali non coincidono con quelli delle parole, talvolta le sillabe sono distribuite sulla melodia in modo strano ed innaturale, fioriture melodiche e durate delle note non facilitano la lettura del testo in modo corretto.

Sicuramente la versione sinfonica o bandistica che si usa spesso nelle manifestazioni, proprio perché non cantata, fluisce in modo più naturale e musicale della versione cantata che probabilmente proprio per questi motivi, storicamente ha avuto svariati tentativi di rielaborazione. Solo dei grandi solisti possono cantare l'Inno d'Italia riuscendo con la loro tecnica, il loro mestiere ed il talento, a superare quella serie di piccoli intoppi a cui mi riferivo sopra. In ogni caso un solista ha la libertà di "aggiustare" il ritmo ed il fraseggio nel modo più conveniente per la respirazione e la distribuzione degli accenti e le sillabe del testo. Diverso è il discorso quando a dover cantare questo inno sia un coro, un grande coro a cappella, e soprattutto quando sia richiesta dal contesto, una certa quota di solennità.

Ai meno distratti non sono passate inosservate le modifiche agli accenti ed al ritmo che mi hanno permesso di appoggiare correttamente il testo di Mameli sulla melodia originale di Novaro. Armonicamente c'è stato un lavoro un po' più approfondito. L'elaborazione armonica rispecchia la mia sensibilità e, lo so, potrà piacere o meno.

Io sono Italiano, amo l'Italia e credo nei princìpi che mi hanno trasmesso i miei genitori.

In particolare: onestà e rispetto.

La parola "vita" del secondo brano eseguito ("Alla vita!"), per me, per mia moglie, per chi ha il dono della semplicità, per chi crede nel futuro e nel sacrificio, in quel punto del testo ha esattamente lo stesso significato della parola "morte" dichiarando con forza ed esplicitamente l'unico senso che il massimo sacrificio debba avere. Essere pronti a dare la vita per garantire la vita. La vita dei nostri figli. Loro potranno capire cosa voglia dire "siam pronti alla morte" solo se avranno capito la grandezza del del dono della vita. Quanto questa sia fragile e preziosa. Quanto amore sia necessario per non odiare, quanta forza sia necessaria per non soffrire, quanta armonia debba esistere per andare avanti assieme. Quanto rispetto meriti chi è pronto a dare tutto per gli altri.

I soldi e la politica non c'entrano.

Non sono stato superficiale. Non lo siate neppure voi.

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